Mahmood passa alla storia con “Soldi”: è la canzone più ascoltata di sempre, ma resta tutto un grande Mah sulla sua bellezza. Le classifiche di Spotify parlano chiaro: Soldi di Alessandro Mahmood, canzone vincitrice di Sanremo e seconda classificata all’Eurovision è la più ascoltata di sempre. Nel giro di un anno il cantante milanese ha stupito tutti, uscendo dall’anonimato e vincendo di seguito premi e riconoscimenti. Con ben 80 milioni di stream e 100 milioni di visualizzazioni si è aggiudicato lo scettro di re musicale dell’anno. Si, ma quanti davvero pensano sia una bella canzone?

“Soldi” trionfa a Sanremo: è la vittoria della bellezza?
Sono state innumerevoli le polemiche all’alba del suo trionfo sanremese, escludendo le sterilità relative all’etnia, tanto becere da non essere classificate nemmeno tra i commenti, perché la sua canzone non rispecchiava il gusto popolare italiano. Si, è vero, molti avevano preferito il cantante romano Ultimo, ma purtroppo tifare da casa con il telecomando in mano non ha fatto numero per il televoto del Festival. Bisognava votare a più non posso e sconfessare Soldi, ma soprattutto battere il sistema proporzionale del televoto. Eppure, nonostante le medaglie al merito sul petto di Alessandro Mahmood nessuno ha parlato di vittoria della bellezza.
Di solito, le canzoni che nel corso del tempo hanno vinto a Sanremo, hanno segnato un’epoca, hanno rappresentato qualcosa che va oltre lo stato epidermico culturale italiano, un vero e proprio status sociale. Si pensi a “Chi non lavora non fa l’amore” di Adriano Celentano e Claudia Mori nel turbolento e rivoluzionario 1968 oppure “Volare” nel 1958 all’alba dell’abolizione della Legge Merlin e del decollo consumistico ed industriale italiano. Tutto ciò che è uscito da Sanremo, almeno fino ai primi anni del 2000, ha rappresentato un dettaglio sociale del nostro paese. Sotto quest’aspetto anche Soldi potrebbe essere la rappresentazione di un’Italia multietnica e dell’integrazione, dove continua a regnare il rapporto difficile tra genitori e figli. Si, ma ancora nessuna notizia sulla bellezza.
La musica è soggettiva
Quale potrebbe essere il metro di misura per poter valutare se una canzone è davvero bella o meno? La risposta è che non esiste o, perlomeno, se proprio volessimo rintracciare un riferimento potremmo dire che cambia in base alle epoche ed ai costumi. La musica è soggettiva ed in quanto tale può suscitare emozioni diverse in ogni uomo. Parlare di musica “in numeri” è un conto, deciderne la bellezza è un altro.
Si può mettere in dubbio la misura soggettiva della musica solo in alcuni “casi rari”, ovvero quando il comprensorio più vasto degli ascoltatori condivide l’idea di trovarsi dinanzi a capolavori senza tempo e senza scadenza. E’ il caso di molte sonate della musica classica, i concerti di Beethoven, le opere di Verdi e qualche pezzo di Lucio Dalla, ma anche di Fabrizio De Andrè, Gino Paoli, Lucio Battisti, Mina e tanti altri che hanno macchiato di talento le costellazioni delle produzioni musicali italiane.
Ad oggi tutti parlano dei numeri di Mahmood ma nessuno della bellezza senza tempo di “Soldi”. Perché?
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