“Aiutaci a individuare la fake news che segnali fornendoci l’indirizzo della pagina web”. È una delle voci da compilare sul form messo a punto dalla polizia per segnalare notizie sospette e possibili bufale. Un servizio presentato nei giorni scorsi nella sede del Polo Tuscolano dal ministro dell’Interno Marco Minniti, dal capo della Polizia, Franco Gabrielli, e dal direttore del servizio di polizia postale, Nunzia Ciardi. Insomma in Italia, come titolava Internazionale, è attivo il controllo della polizia sulle notizie. Ma è proprio così? Politica e giornalisti sono già divisi tra chi grida, appunto, alla censura, e chi è verosimilmente preoccupato per il fatto che le fake news possano realmente incidere sul risultato delle elezioni politiche del 4 marzo. Il Governo è così corso ai ripari? Vediamo come funziona il sistema.
Come funziona il sistema?
Gli utenti di internet possono collegarsi al sito https://www.commissariatodips.it/collabora/segnala-una-fake-news.html e compilare un form in maniera veloce, senza registrazione. 4 i campi da riempire: fornisci la tua email per permetterci di contattarti; aiutaci a individuare la fake news che segnali fornendoci l’indirizzo della pagina web; se hai trovato la fake news in un social network (Facebook, Twitter, WhatsApp o altro) specificalo qui; se vuoi puoi fornirci ulteriori informazioni utili a verificare la fake news che stai segnalando. A ricevere la segnalazione è una squadra di tecnici dedicati del Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche (Cnaipic) che verifica la notizia.
#FAKENEWS. Il Ministro dell’Interno Marco Minniti ha inaugurato oggi, presso il Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni, il primo Protocollo operativo per il contrasto alla diffusione delle fake news attraverso il web.#essercisempre
Pubblicato da Commissariato di PS Online – Italia su Giovedì 18 gennaio 2018
Il ministero parla di tecniche e software specifici che gli operatori utilizzano per qualificare la notizia come fake. In realtà, come ogni buon giornalista sa, molte volte basta digitare il titolo della notizia su Google per essere reindirizzati all’origine della bufala o, ancora più spesso, all’ottimo lavoro di fact checking svolto da siti web come Butac – Bufale un tanto al chilo. Comunque, se il team del Cnaipic decide che si tratta di una fake news, pubblica sul proprio sito una smentita e un “livello di allerta”. Sul sito della postale c’è qualche esempio: la bufala dello scioglimento dell’Arma dei carabinieri ha un livello di allerta “alto”, così come la falsa notizia della Croce Rossa che respinge un italiano affamato. Finito? No, perché la polizia potrà intervenire direttamente presso il provider cercare di rimuovere una notizia palesemente infondata.
Era proprio necessario?
Era proprio necessario che la polizia attivasse un servizio del genere? “La forza dei nuovi strumenti di comunicazione, social in testa, – ha dichiarato all’Agi il direttore della polizia postale Ciardi – è tale che una notizia in pochissimo tempo raggiunge un grandissimo numero di persone diventando virale: noi vogliamo soltanto continuare a fare quello che già facciamo tutti giorni, aiutare i cittadini ad orientarsi, in questo caso a capire se quella determinata informazione è attendibile o meno. Senza dare timbri di autenticita”. Eppure il timbro c’è. E tutti i partecipanti alla presentazione del servizio hanno cercato di “rassicurare” la platea in merito al “controllo” esercitato sulle notizie, mettendo le mani avanti. Minniti ha ritenuto che “sia un servizio pubblico e il fatto che lo svolga la polizia costituisce elemento di garanzia e non di preoccupazione”, Gabrielli ha detto che “non vogliamo creare un Grande fratello, utilizzeremo gli strumenti che abbiamo e continueremo a fare quello che già facevamo prima in totale trasparenza”.
Italians can now…
Del caso si è occupata anche la stampa americana con un articolo su Poynter a firma di Daniel Funke. “Nel tentativo di risolvere il problema delle notizie false – ha scritto Funke – in vista delle elezioni legislative del 4 marzo 2018, il Governo italiano ha realizzato una pagina web su cui segnalare le bufale. (…) Il comunicato ufficiale si riferisce ambiguamente a ‘notizie manifestamente infondate’. Se turba l’ordine pubblico, diffondere contenuti simili potrebbe essere un reato, e questo concederebbe alla polizia un potere enorme nel decidere che tipo di informazioni può circolare online”. Poynter ha intervistato il direttore di Pagella politica Giovanni Zagni: “Questo progetto solleva molti interrogativi. La polizia postale agirà in un terreno molto delicato che confina pericolosamente con la censura e con le leggi che proteggono la libertà di stampa”.
Strumenti
Gli fa eco anche Milena Gabanelli, ospite alla trasmissione Otto e Mezzo nei giorni scorsi: “Trovo veramente eccessivo l’intervento della polizia postale. Se questo è finalizzato a essere un deterrente, ha una qualche utilità. Ma non si può pensare che le 2mila persone della polizia postale, oltre a occuparsi di cyber-terrorismo,di e-banking, di pedopornografia, di pedofilia, di giochi e di scommesse online, di tutto il crimine che passa attraverso il web, debbano mettersi lì a rispondere ai cittadini”. Insomma, la strada perseguita dal ministero potrebbe non essere quella giusta. I giornalisti e gli esperti di comunicazione hanno a disposizione tutti gli strumenti necessari per informare correttamente i cittadini. Se vogliono, possono districarsi nel mondo delle fake news in maniera agevole e colpire i colpevoli. Senza passare per controlli di polizia.