Faceblock. Gallina in fuga è la rubrica di Effequadro a cura di Marianna Di Nola che si fa leggere tutta d’un fiato, che fornisce particolari punti di vista sull’attualità e sui media, che prende in giro un po’ tutti. Forse anche lo stesso Effequadro.
Durerà tutt’oggi l’operazione Faceblock, il boicottaggio a Facebook dopo il caso Cambridge Analytica. Faceblock dura 24 ore, oggi 11 aprile. Mentre Mark Zuckerberg viene ascoltato al Congresso Usa, i facebookiani, facebookesi, facebookini si coalizzano contro chi ha diffuso e lasciato usare le informazioni personali, quelle affidate al più social dei social, Facebook.
Zuckerberg viene strigliato: la Cambridge Analytica pare aver utilizzato i dati di milioni utenti iscritti alla piattaforma per scopi politici. Zuckerberg non è stato all’altezza della fiducia ripostagli da tutti gli iscritti a Facebook e ha ceduto le informazioni personal-personalissime di ogni utente, fake compresi, alla società di cui sopra che li avrebbe usati per scopi politici.
E mentre “the founder” viene udito, vige la campagna Faceblock. L’intento è non usare Facebook, in primis, e tutti i social poi per 24 ore. No Whatsapp, no Messenger, no Instagram. Lo scopo ultimo è la pretesa di garanzie da parte del “the founder” e dal governo sulle gestione dati.
Lo slogan scelto per gli attivisti di Faceblock è “Facebook can do better”, Facebook può essere migliore. Ma qualcosa non va. Ricapitolo: oggi, se ti senti indignato, non usi Facebook e le sue creature. Se sei infastidito, oggi c’è il giorno del silenzio. Invece leggo l’hashtag #faceblock proprio oggi. Oggi #faceblock non dovrebbe essere un trend topic perché gli indignati non sono on line.
Invece, te pareva, non hanno capito. Provate solo a digitare #faceb e controllate quale hashtag compare. Tra #Romantada, #Messifattilabarba e #BarçanellebuchediRoma, compare #faceblock. Mi sono convinta che c’entri il fuso orario, vogliamo l’auto-faceblock proprio mentre “the founder” conferisce. Mark Zuckerberg farà un sua culpa, mi raccomando domani. Tutti con l’hashtag #wetrustMark.
Piccola postilla: cediamo i nostri dati, spesso spuntando a cacchio, anche quando attiviamo la scheda SpesaSerena al Conad.
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