L’utopia della bici. Gallina in fuga è la rubrica di Effequadro a cura di Marianna Di Nola che si fa leggere tutta d’un fiato, che fornisce particolari punti di vista sull’attualità e sui media, che prende in giro un po’ tutti. Forse anche lo stesso Effequadro.
Gallina in fuga
L’utopia della bici
La bicicletta è in voga, più dello zenzero e delle labbra a canotto. Il popolo dei ciclisti poco anonimi cresce a dismisura, invade le nostre strade, occupa in massa il posto di una monovolume e, mentre finalmente li superiamo in auto, ci mostra spavaldo il polpaccio sodo e definito e, in qualche caso, anche un dito sbarazzino.
E così si diffonde il bike to work. Andare a lavoro sì, ma in sella alla bici. La bicicletta riduce l’inquinamento, fa bene alla salute e può aumentare lo stipendio. In Italia il bike to work, e i suoi rimborsi chilometrici, è stato introdotto per la prima volta tre anni fa a Massarosa, Lucca. I toscani ogni mattina inforcano la loro bici per recarsi a lavoro pedalando, tra andata e ritorno, per circa 10 km. Per ogni chilometro incassano circa 0.25 euro, 40 euro al mese, 600 euro l’anno. Mica male?
E i pedalatori incalliti rinuncerebbero alle loro tutine aderenti, allo slogan de “La chianca di Nando”? Non è che puoi andare a ricevere utenti in banca conciato come lo Spiderman de noantri. Va da sé che solo chi fa un certo tipo di lavoro può permettersi di difendere la natura. Non ce lo vedo proprio un muratore caricare sulla bici la cardarella e la carriola e andare a lavoro in bici fischiettando.
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