I giornalisti di Massacre in Myanmar condannati a 7 anni di carcere

I giornalisti di Massacre in Myanmar accusati di aver violato la Official Secrets Act, legge di epoca coloniale, rischiavano fino a 14 anni di carcere

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I giornalisti di Massacre in Myanmar condannati per possesso illegale di documenti. “Non ho paura. Non ho fatto nulla di sbagliato. Credo nella giustizia, nella democrazia e nella libertà”, gridò Wa Lone quando fu ammanettato, insieme al collega Kyaw Soe Oo, dalla polizia. I due giornalisti dell’agenzia Reuters sono stati condannati a sette 7 di carcere per “possesso illegale di documenti ufficiali”.

massacre in myanmar

Il 12 dicembre 2017 furono trovati con della documentazione coperta dal segreto di stato, scontando 9 mesi in detenzione preventiva. I reporter, che stavano indagando sull’uccisione di 10 rohingya nel villaggio di Inn Din, sostengono di essere stati incastrati: la sera dell’arresto erano a cena con un agente di polizia che aveva consegnato loro il materiale. All’uscita dal ristorante avevano trovato ad attenderli altri agenti, pronti ad arrestarli.

Lone e Soe già nel reportage Massacre in Myanmar avevano denunciato la situazione dei rohingya nello stato del Rakhine. Considerati “bengalesi irregolari”, sono una minoranza musulmana che scappa dalle persecuzioni delle forze di sicurezza birmane. Secondo i dati Onu, oltre 700mila sono i profughi fuggiti verso il Bangladesh.

I corrispondenti dell’agenzia di stampa britannica, accusati di aver violato la Official Secrets Act, legge di epoca coloniale, rischiavano fino a 14 anni di carcere. Inutili i tentativi degli avvocati: per il giudice Ye Lwin i due “hanno più volte tentato di mettere le mani su documenti segreti. Non si sono comportati come normali giornalisti”. “La sentenza è una brutta pagina per il nostro Paese”, ha dichiarato il legale Khin Maung Zaw, a capo del team.

“Questi due ammirevoli giornalisti – ha commentato il direttore di Reuters Stephen J. Adler – hanno già trascorso almeno 9 mesi in carcere con false accuse, concepite per mettere a tacere la loro attività e intimidire la stampa. Senza alcuna prova che abbiano commesso reati e a fronte invece di prove schiaccianti di un complotto della polizia, la sentenza di oggi li condanna alla perdita continuata della libertà”.

Forti le critiche degli ambasciatori di Usa, Regno Unito e Australia, presenti in tribunale. La condanna “mina la libertà dei media, il diritto all’informazione del pubblico e lo sviluppo dello stato di diritto in Myanmar”, fa sapere un portavoce della Commissione europea. Sabato scorso più di cento, tra giornalisti e attivisti, hanno sfilato lungo le strade di Yangon per chiedere la liberazione di Lone e Oo.

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