Ecco perché l’inchiesta Bloody Money di Fanpage ci spaventa tutti

In Bloody Money di Fanpage nulla è ordinario. I giornalisti sono andati oltre. I presunti corrotti sono stati attirati e non "puntati". Straordinario.

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fanpage bloody money

Fanpage ha fatto qualcosa di straordinario e di spaventoso allo stesso tempo. Sotto diversi punti di vista. Ha piazzato una telecamera addosso ad un camorrista pentito. Ha attirato in trappola politici e imprenditori. Ha probabilmente svelato uno dei sistemi corruttivi più rodati e longevi degli ultimi anni. Un sistema che ruota attorno allo smaltimento illecito dei rifiuti. Ha consegnato tutto ciò che ha raccolto alla Procura. Ora sta pubblicando una serie di video che stanno provocando terremoti specialmente nella politica.

Bloody Money

L’inchiesta è stata chiamata Bloody Money dalla testata giornalistica Fanpage che l’ha prodotta. È costata l’iscrizione nel registro degli indagati a 2 giornalisti, il direttore di Fanpage Francesco Piccinini e il reporter che l’ha realizzata Sacha Biazzo. Ma essi stessi affermano che ne è valsa la pena e che rifarebbero tutto. Straordinario. Già, perché nulla è ordinario nel lavoro svolto da questi giornalisti. Fanpage è andato oltre qualsiasi cosa abbiamo visto in Italia fino a questo momento, ed è una cosa che ci spaventa.




Agente provocatore

Il giornale si è infilato a pieno titolo in un dibattito internazionale che va avanti da anni in merito alla figura del cosiddetto agente provocatore. Non un semplice infiltrato, bensì un agente provocatore. Ovvero colui che, come l’ex camorrista assoldato da Fanpage, mette alla prova l’onestà degli interlocutori. Il boss pentito offre i propri servigi di professionista dello smaltimento illecito di rifiuti. E fa cadere in trappola molta gente.

Falene

C’è una riflessione che mi ha colpito in particolare e che credo sia una delle chiavi per comprendere l’intera vicenda. Ciro Pellegrino, responsabile dell’area cronaca di Fanpage ha sottolineato: “Ma quale agente provocatore: Nunzio Perrella è stata una lampada accesa nel buio di un affare losco. E le falene sono arrivate, non richieste. A decine”. Insomma Fanpage non ha puntato a nessuno in particolare. Sono stati i presunti corrotti a contattare l’ex boss e non viceversa. Un concetto affermato anche dal direttore Francesco Piccinini, ospite ieri sera di Enrico Mentana a Bersaglio Mobile su La7.

Spaventoso

Tutto questo lavoro ci spaventa. Spaventa la politica, che in queste ore si sta chiedendo chi abbia “ordinato” a Fanpage di produrre un’inchiesta del genere a pochi giorni dalle elezioni politiche. E’ giusto parlare di bombe a orologeria? E se i video fossero stati pubblicati dopo il voto invece? Bloody Money provocherà scossoni nelle urne? Quasi certamente sì, e per il giornalismo, come per la Procura, è importante che certe cose si sappiano prima delle elezioni. Il buon giornalismo deve informare i cittadini, e così sia.

L’inchiesta spaventa gli stessi giornalisti italiani. Tecniche nuove, concetti nuovi, un pizzico d’invidia che non manca mai. E’ giusto ciò che ha fatto Fanpage? Sotto il profilo delle responsabilità penali delle persone che hanno avvicinato l’ex camorrista forse non c’è nulla. Se non altro per le modalità di acquisizione delle “prove”. Ma sicuramente è un lavoro utile. E di questi tempi in cui la stampa ed i media in generale sono continuamente sotto accusa allora Bloody Money di Fanpage è una boccata d’aria fresca e pulita.

I video spaventano anche la Procura e i magistrati sono costretti ad inseguire questo balzo in avanti dei giornalisti.

Veritas

Quando ho cominciato a capire cosa aveva fatto Fanpage mi sono ricordato del caso dell’americano Project Veritas. Si tratta di un’organizzazione fondata dall’attivista conservatore James O’Keefe che fa anni provoca scandali utilizzando la tecnica della menzogna per ottenere informazioni. Chiunque può diventare un agente provocatore a proprio rischio e pericolo negli Usa. O’Keefe in passato è stato anche arrestato, ed il suo sito, considerato complottista e pericoloso da molti, ha spesso lo specifico compito di rovinare la reputazione dei media critici versi Donald Trump.

Insomma negli Usa l’agente provocatore prova a mostrare la corruzione o meglio lo scarso “lavoro” dei giornali segnalando scoop inesistenti. Ci arriveremo anche noi? Chissà. Nel frattempo godiamoci lo straordinario lavoro dei ragazzi di Fanpage.