Giornalisti e propaganda: c’è chi spara nel mucchio

E che diamine, se Virginia Raggi fosse stata condannata il problema non si sarebbe posto: tutta colpa dei giudici comunisti. Ah no, quello era Berlusconi

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“Secondo lei, come giornalista, sarei considerata più puttana o pennivendola?”, chiede Lucia Annunziata al ministro della Giustizia Bonafede, ospite a Mezz’ora in più. Il titolare del dicastero bypassa la risposta: i termini affibbiati da Di Battista ai giornalisti che hanno “perseguitato” Virginia Raggi, assolta dall’accusa di abuso di ufficio, non rientrano nel suo registro. Touché. Però gli scribacchini l’hanno crocifissa, un po’ di rabbia ci può stare.

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E che diamine, fosse stata condannata il problema non si sarebbe posto: tutta colpa dei giudici comunisti. Ah no, quello era Berlusconi! Non solo Dibba. Il vicepremier Di Maio, appena uscita la sentenza, ha definito “infimi sciacalli” coloro che “con le loro ridicole insinuazioni, hanno provato a convincere il Movimento a scaricare” il sindaco di Roma.

Levata di scudi dagli appartenenti alla categoria bersagliata. Le espressioni degli esponenti di maggioranza sono un attacco alla democrazia, dicono. “Nessuno dei fatti descritti da Repubblica è stato smentito. La Procura e il giudice per le indagini preliminari li hanno ritenuti rilevanti. Il Tribunale ha ritenuto che non costituiscano reato e Raggi è stata assolta”, scrive il direttore di Repubblica Mario Calabresi.

Per David Sassoli, vicepresidente del Parlamento europeo ed ex vice direttore del Tg1, “le parole di #DiMaio e #DiBattista ci ricordano l’allucinante odio e veleno con cui hanno infettato l’#Italia. Nessuno potrà mai perdonarvi. Per questo crimine nessuna assoluzione è possibile.”

Il livore dei 5 stelle verso l’informazione è comprensibile solo per la frustrazione di non poter, da giustizialisti integrali, attaccare chi ha portato a giudizio la Raggi, non i giornalisti ma i magistrati – è il post di Enrico Mentana, direttore del Tg La7 su Facebook – Hanno avuto anni per dare ai giornalisti delle puttane, ma hanno aspettato la fine del processo di primo grado, non si sa mai. Nessuna categoria è fatta solo di gente pura, neanche i giornalisti, neanche i 5 stelle, neanche le puttane. Ma né i giornalisti né le donne che scelgono, o sono costrette, alla prostituzione sono così poco coraggiosi da dare la colpa di un’azione giudiziaria a chi l’ha raccontata e non a chi l’ha aperta e svolta.”

Intanto viene fuori che il ministro dello Sviluppo Economico è pubblicista iscritto all’Ordine della Campania e Carlo Verna, presidente dell’Ordine nazionale, lo invita a valutare la possibilità di lasciare spontaneamente la “comunità, nella quale ha diritto di stare, ma in cui chi si comporta così non è assolutamente gradito.”

Non ci stanno i grillini che rincarano la dose. Il buon Di Maio, ospite a Non è l’Arena, alla richiesta di retromarcia da parte di Massimo Giletti risponde con un bel “quando ce vo, ce vo.” Di Battista, invece, replica a mezzo social: “Leggo che i soliti ‘sepolcri imbiancati’, recitando – tra l’altro male – la parte delle verginelle, si sono scandalizzati per le mie parole e per quelle di Luigi.” E giù di lì con i titoli incriminati pubblicati dai maggiori quotidiani nazionali.

Qui nessuno è vergine, caro Dibba. Le notizie talvolta sono state faziose, sì. Esistono giornalisti che distorcono i fatti, sì. L’opinione pubblica viene ingiustamente condizionata, sì. E, sì, si può, anzi si deve criticare chi sbaglia. È più che un diritto: è un dovere, che sia un cronista o un politico a commettere l’errore. La critica è sacrosanta, ma deve essere circostanziata, specifica, costruttiva e, soprattutto, con nomi e cognomi. Tutto il resto è sparare nel mucchio. Un attacco indecente e lesivo della libertà di informazione, ergo della democrazia. Una inutile scenata. O forse no. Magari ai fini propagandistici serve.

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