Neomelodici e camorra / Radio mala: i codici della malavita

Neomelodici e camorra. Come comunica la criminalità? Radio mala ed Effequadro indagano sui linguaggi di un mondo oscuro che anche attraverso la comunicazione ha imposto il proprio potere

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Neomelodici e camorra. Come comunica la criminalità? Radio mala: i codici della malavita indaga sui linguaggi, sui gesti, sui comportamenti di un mondo oscuro che, tramite apposite forme di comunicazione, ha sempre saputo imporre il proprio potere. I codici di mafia, camorra, ‘ndrangheta ed altre organizzazioni criminali analizzati da Alfonso Maria Liguori per Effequadro.

neomelodici e camorra

Radio mala: i codici della malavita

Neomelodici e camorra

Neomelodici e camorra: un binomio forte, caratterizzato da melodie che nei testi ricalcano le cruente fasi di uno stile di vita ma anche la sofferenza di chi è costretto a subire le conseguenze della propria scelleratezza.

Tempo addietro un brano, ‘O capo clan, che parla di un pezzo da 90 della mala di Ercolano, in provincia di Napoli,ha suscitato l’attenzione dei giudici contro l’artista tacciato di promuovere le gesta criminali e lo spessore malavitoso del soggetto. ‘O killer, altra storico pezzo neomelodico, narra della carriera di un sicario che alla fine decide di cambiare vita perché stanco di un’esistenza fatta di sangue e violenza che allontana inevitabilmente dalla famiglia e dalle cose semplici della quotidianità.

C’è poi tutto un capitolo della produzione neomelodica dedicato a pentiti e latitanti. ‘O latitante è infatti il titolo di un brano che aveva letteralmente sbancato tra i vicoli della città di Napoli e in provincia riscuotendo notevole successo anche in Puglia e Sicilia. E poi  Nun ciamma arrennere che condannava la figura “meschina” per la mala, dei collaboratori di giustizia.

Per comprendere la risposta di pubblico ottenuta dai neomelodici che narrano storie legate allo stile di vita camorristico occorre calarsi nell’humus in cui i musicisti sono spesso nati e cresciuti. Contesti che, al di là delle retoriche datate, sono da sempre orfani di riferimenti istituzionali e in balia delle famiglie di mala locale. In realtà monocolori, in ghetti di cemento, ci si abitua fin da piccolissimi a certi schemi comportamentali tanto da ritenerli poi normali da adulti.

Dove lo Stato fatica ad entrare per essere “un tipo buono” devi sparare, spacciare, essere pronto a far male prima che ne facciano a te. Ecco come tutto si confonde, la vergogna diventa onore e l’omertà appare eroica determinazione. “Siamo sempre giudicati, condannati, se facciamo un reato finiamo in carcere e ci serve l’avvocato: quanto costa la libertà”, così recita il testo di una canzone neomelodica che tenta di tracciare l’identikit della gente “‘e miez a via. Ovvero di coloro che vivono, direttamente o meno legati alla camorra, al di fuori della legge, sottolineando in un altro passaggio come anche chi delinque sia capace di azioni filantropiche e concludendo che “nemmeno le lacrime di una mamma inducono al ravvedimento figli fuorilegge che confidano comunque nella protezione della Madonna”.

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