Dopo Polonia – Italia (e una bottiglia di aglianico) ho dormito felice. Ed ho sognato che…

Ho sognato Chiellini che ce l’aveva con Insigne perché gioca nel Napoli e non perdeva occasione per ridere del suo nasino un po’ birichino. E tanto altro

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Ma chi se l’aspettava! E dài ja. Alzi la mano chi, alla vigilia di Polonia – Italia, aveva immaginato un risultato positivo per la nazionale allenata da Roberto Mancini. Alzi la mano chi sarebbe stato disposto a giocarsi un solo euro sulla vittoria degli azzurri. Al netto, ovviamente, di quelli che scommettono in maniera fideistica. Alla fine dei novanta minuti l’Italia non solo ha vinto, ma ha addirittura dominato un avversario tosto come la Polonia che nella gara di andata, giocata al Dall’Ara di Bologna aveva imposto l’1-1 a Chiellini e compagni.

polonia - italia aglianico

L’Italia ha giocato un calcio gradevole, a tratti trascendentale, che ha soddisfatto il palato più esigente e convinto anche il più pessimista dei supporter. Vittoria preziosa ottenuta dopo oltre un anno di attese, fegati spappolati e paura di sparire dall’atlante del calcio che conta. Invece un gran Biraghi (no, non il parmigiano, ma comunque si tratta di eccellenza italica) ha piegato la resistenza polacca e ci ha fatto dormire sonni molto più tranquilli.

E io, che ho visto i novanta minuti provando a tenere a bada la tensione con un buon aglianico (bottiglia finita) sono andato a dormire ancora più felice. Sognando i retroscena della vittoria. A partire dall’arrivo del Mancio a cui vanno fatti i complimenti per come sta gestendo una patata che non era nemmeno bollente, molto più simile al purè. E allora ho sognato Chiellini che ce l’aveva con Insigne perché gioca nel Napoli e non perdeva occasione per ridere del suo nasino un po’ birichino. Bonucci che faceva capa e capa con chiunque osasse sfidarne le virili convinzioni.

Donnarumma che ogni volta che incrociava Jorginho, memore di quel Milan Napoli dell’aprile 2018 gli sussurrava ridacchiando: “Io la volevo togliere la mano…”, con un marcato accento stabiese, così per dare ancora più enfasi. Insomma più che una squadra di calcio, pareva ‘na banda e musica, oltretutto scordata al massimo. Ho sognato poi che ogni volta che Ventura tornava a casa dopo una partita, la moglie era costretta a trascorrere ore per ripigliarlo dalla convinzione di chiamarsi Simona e di dover condurre l’indomani mattina la trasmissione “Quelli che il calcio”. Insomma il caos totale. Ognun per sé e perepeppeppè.

Poi ho sognato l’arrivo di Mancini a Coverciano. Come ogni buon professore che si rispetti il Mancio aveva deciso di varcare la soglia dell’ingresso portando un libro sotto l’ascella appezzottata (e pure il libro correva il rischio di fare la stessa fine) dal titolo: “Come far giocare bene a calcio una banda di musica”. Autore Maurizio Sarri. Prefazione Pep Guardiola. Post fazione Jurgen Klopp. Insomma nella casa della nazionale era già aria di lezione.

Dopo aver fatto l’appello nel frastuono generale, il prof dalla chioma fluente (beato lui) ha iniziato a leggere le prime righe di questo best seller. “Il calcio è un gioco di squadra e per questo per vincere bisogna mettere da parte l’egoismo ed aiutarsi l’uno con l’altro”. Il messia di Jesi proseguiva convinto: “Bisogna amare quello che si fa. Gli amici e pure quelli con cui non si va tanto d’accordo. Altrimenti la fetecchia è dietro l’angolo.” “Pure a Jorginho dobbiamo amare?” chiese qualcuno dall’ultimo banco dove si faceva sempre un gran baccano tra commercio di figurine e partite a tressette. “Pure a Jorginho che tiene sto nome brasiliano, ma comunque lo vedi o no parla italiano, lavora in Italia e paga le tasse in Italia”.

E a quanto pare, c’è voluto un po’ di tempo, ma la Nazionale scesa in campo contro la Polonia ha dimostrato di aver assimilato la lezione di San Mancio e volerla anche mettere seriamemente in pratica (Miracolo!). Lo spirito del sarrismo, che a Napoli conoscono bene, vive in questa nazionale. Uno per tutti e tutti per uno! Questo è l’urlo di incoraggiamento della svolta.

E siccome chi ne capisce di calcio dice che l’unica tessere che ancora manca in questo ingranaggio che si sta affinando di partita in partita è una punta centrale, perché non provare a recuperare Balotelli? Si, proprio lui. Quello che ci fece sognare agli europei del 2012. L’unione fa la forza. L’esclusione e l’emarginazione diventa gioco forza debolezza. (Mentre scrivo l’Italvolley femminile sta piazzando la nona vittoria consecutiva nel mondiale che si sta disputando in Giappone. Una squadra rocciosa che non si disunisce mai. E chi è stata la grande protagonista della vittoria che proietta l’Italia nel gotha del movimento mondiale? Una certa Paola Egonu, diciannove anni da Cittadella. Oltre trenta i punti messi a segno dalla devastante attaccante azzurra. Decisiva per la conquista del sogno. Segni particolari? Oltre ad essere bellissima è anche nera, nera, nera come il carbon! Chapeau). E viva l’Italia.

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Nasce a Vico Equense il 19 luglio dell'Anno Domini 1980. Frequenta il Liceo Classico "E. Marini" di Amalfi. Di quei cinque anni gli resta scolpito nella mente quel pensiero, mugugnato a voce alta dal suo amico fraterno Stanislao durante la lezione della professoressa di greco quando tutti in classe prendevano appunti: "Scrivi, scrivi che poi te lo leggi". Un manifesto sul grande valore sociale che già allora veniva assegnato alla scrittura. Per questo nel 2001 diventa giornalista pubblicista. Metropolis, Il Mattino, Il Corriere dello Sport - Tutto Calcio Campania, sono i quotidiani che hanno ospitato ed ospitano la sua firma. Ha collaborato con la casa editrice Intra Moenia di Napoli. Web content per il portale online Businessonline.it. Tra le cose utili della sua vita le esperienze lavorative sparse a macchia di leopardo nella sua recente gioventù. Tra quelle meno utili la laurea in Storia e un corso di grafica editoriale. Sul master in comunicazione, social marketing e web media, vige il più stretto riserbo visto il mutuo trentennale che ha acceso per pagarselo. Soldi? Desisti. Ama la musica e si diletta con il clarinetto. Vive tra Napoli ed Agerola. Ama il (buon) vino e la (buona) compagnia.