“Giancarlo Siani secondo te ha sorriso davvero prima di essere ucciso?”. Lo chiedo ad un collega, in auto. Ho gli occhi chiusi, la testa pesante, una stanchezza che mi trascino dietro da giorni. Non sento la risposta, forse già nel dormiveglia.
Stiamo tornando da Vico Equense, dove hanno appena inaugurato piazzale Giancarlo Siani. Non riesco a tenere gli occhi aperti, nel tepore dell’abitacolo, mentre il cellulare continua a squillare, a bippare, vuole un’attenzione che non ho la forza di dargli.
Voglio ritagliare cinque minuti per me, per fermarmi e stare un attimo a pensare. Ho in testa le parole di un sindaco, di un fratello, di un politico importante, di un amico-collega-maestro. Il sorriso di Giancarlo continua a tormentarmi.
Ha sorriso davvero ai suoi assassini? Ha sorriso in faccia alla morte? È stata solo una felice scelta registica del film che racconta la sua vita? Probabile. Giancarlo era spaventato, credo, terrorizzato da quegli sporchi vigliacchi che lo hanno raggiunto e che stavano per freddarlo.
Forse è andata così, forse no. Forse Giancarlo non ha sorriso e noi viviamo in un mondo in cui i giornalisti stanno perdendo, e gli altri stanno vincendo.
Eppure non riesco a darmi pace. È possibile che Siani abbia sorriso in quel momento? Voglio credere di sì. Non perché conoscevo personalmente Giancarlo, anche anagraficamente non avrei mai potuto. Mi baso su ciò che mi è stato raccontato. Mi è stato raccontato della straordinaria normalità del giornalista.
Intelligente, curioso, col dono di farsi capire benissimo dai fortunati lettori. Raccontava un’unica grande storia giorno dopo giorno. Senza stancarsi mai.
Voglio credere che abbia sorriso a quei codardi con la pistola perché sapeva che il suo ricordo ci sarebbe stato utile, che non avremmo dimenticato. Voglio credere che pensava al mondo migliore che ci avrebbe lasciato. —
Non so esattamente perché ho ripreso questi appunti che avevo in mezzo a mille altri da molto tempo, ma l’ho fatto. Forse li ho ripresi perché qualche sera fa ripensavo insieme ad Annalibera Di Martino al film La mafia uccide solo d’estate di Pif. Dicevo che volevo anche io, un giorno, fare il giro che il protagonista fa fare al figlio piccolo nel finale. Chi non ha visto il film lo guardi, a proposito.
Ed in quello forse è racchiusa la risposta alla mia domanda, posta in un momento di estrema stanchezza più a me stesso che all’ottima persona che avevo accanto. Giancarlo ha sorriso? Sicuramente. Perché sicuramente aveva ben chiaro cos’è il Bene e cos’è il Male, e sapeva esattamente dove stare. E tanto basta. Tanto basta per sorridere e continuare a farlo.
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